È evidente che dare allo shiatsu la definizione di “massaggio” è senz’altro limitativo. Ci si dovrebbe basare sull’esperienza diretta anziché sul “sentito dire”. In realtà, anche le esperienze possono essere differenti ma non per questo, una meno valevole dell’altra.

A volte può suscitare la sensazione di un caldo abbraccio attorno ad un falò che arde, scatenando l’impeto e la volontà di entusiasmarsi perché si comprende di essere vivi, con la capacità di poter ancora avere passione per le cose; altre volte è una lunga passeggiata a piedi nudi a contatto con la terra, espandendo le proprie radici fino al centro, per averne nutrimento e linfa vitale e constatando la propria rinnovata appartenenza; e poi ancora, è una fresca giornata in un bosco frondoso, con il vento che soffia tra i capelli e spazza via pesanti zavorre che non servono più, beandosi solo del suono tra i rami e le foglie, nella leggerezza e leggiadria, riconoscendo che si può quasi volare se solo lasciassimo cadere gli scudi e le armature; infine può apparire come un’onda del mare, quel flusso perenne che ci ricorda che la vita in fondo, è fatta di uno scorrere verso la riva e poi ritornare ad unirsi alle altre onde, e che talvolta, lungo il cammino, si può finire scontrandosi tra onde in una risacca o abbattendosi contro gli scogli che costellano il percorso.

Può capitare che, presi dalla routine quotidiana, quella fiamma si affievolisca, quel nutrimento si disperda, quel vento perda intensità e quel moto ondoso si infranga sugli scogli.

È lì che si manifesta la forza dello shiatsu, che va a ravvivare il fuoco con nuova legna più adatta alla combustione, a rinvigorire le radici nella terra per evitare la dispersione nutritiva, a potare e sfoltire i rami più appesantiti per ripristinare la circolazione dell’aria, ad agitare quelle onde più vigorosamente contro gli scogli fino a superarli e anche a causarne delle crepe.

Quindi, parlare di shiatsu come un massaggio ne sminuisce la capacità trasformativa.

Lo shiatsu può essere l’incendio, lo smottamento, l’uragano, lo straripamento che porta da uno stato di apatia ad un sovvertimento del proprio stato, per ritornare ad assaporare il brio dell’esistenza, permettendosi di ricontattare ogni tipologia di movimento, sia di discesa che di salita; in fondo, la beltà non è nel non trovare mai ostacoli, anche perché sarebbe praticamente impossibile ma è come ci si predispone nell’affrontarli, quali e quante resistenze si oppongono e per quanto tempo ci si racconta che va bene anche così, impedendosi di fatto di innescare la necessaria miccia di destabilizzazione dello status quo.

Per cui sì, lo shiatsu è la possibilità che ci si dà di prendere una scossa elettrica per risvegliare i sensi e vedere l’effetto che fa.

Questo, con buona probabilità potrebbe denudare dalle corazze duramente costruite nel corso del tempo, come risposta protettiva alle difficoltà. Ma di fatto è questo l’intento, il poter verificare concretamente che ci si possono dare ancora delle possibilità, se solo lo si vuole, qualsiasi siano le dimensioni dei blocchi; di ripristinare il collegamento tra il proprio microcosmo e il macrocosmo, che quel macrocosmo ha necessità del contributo di ogni microcosmo, e che infine si andrà a formare un’unica sinfonia vibrazionale.

Sii quel brivido. Se non puoi essere brivido sii scossa. Se non puoi essere né brivido né scossa cerca almeno di non essere sbadiglio.
(Svampitamente, Twitter)